Allyson Felix tra maternità e lotta per i diritti delle mamme-atlete: la donna oltre la sportiva da record (2024)

Scopriamo chi è Allyson Felix, l’atleta più medagliata di sempre alle Olimpiadi e una donna che lotta per sé e per le altre

Michele Antonelli

Il segreto è guardare avanti. Osare sempre, rinunciare mai. Allyson Felix, 35 anni, è diventata una donna da record anche così. Con l’undicesima medaglia olimpica appesa al collo, l’oro nella staffetta 4x400 conquistato a Tokyo 2020, ha superato il connazionale Carl Lewis, il "Figlio del vento", diventando la donna più medagliata di sempre ai Giochi nelle discipline su pista dell’atletica . Da mamma, dopo la sua vittoria più bella: la piccola Camryn...

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Una storia olimpica

Un paragone e qualche risata. Il soprannome di Allyson Felix arriva ai tempi della scuola: "Chicken legs", per via di gambe sottili, ma forti e lunghissime, che le hanno permesso di vincere sette ori, tre argenti e un bronzo nelle sue cinque partecipazioni alle Olimpiadi. Figlia di un pastore americano e di un’insegnante elementare, è nata il 18 novembre 1985 a Los Angeles ed è cresciuta in California. Famosa per uno stile di corsa dalla falcata ampia e leggera, è protagonista di una storia che attraversa i Giochi fin dal 2004, anno dell’argento nei 200 ad Atene, il suo primo acuto.

Stesso risultato a Pechino 2008, edizione in cui centra il gradino più alto del podio anche nella staffetta 4×400. Il primo oro individuale? Naviga tra le acque del Tamigi e viene fuori dalle Olimpiadi di Londra, affiancato da altri due ori anche nella 4x100 e di nuovo nella 4x400. A Rio 2016 di nuovo due medaglie d’oro nelle staffette e un secondo posto individuale nei 400. Fino a Tokyo, al bronzo nei 400 e all’ennesimo oro nella "sua" 4x400. Un’impresa leggendaria. Ancor di più se si considera che - a novembre 2018 - la regina senza tempo dell’atletica a stelle e strisce è diventata mamma.

Allyson Felix mamma e atleta

Aveva partorito con un cesareo e dopo aver fatto i conti con la preeclampsia (patologia che può svilupparsi in gravidanza e caratterizzata da ipertensione, spesso in combinazione con un eccesso di proteine nelle urine). "Se torno e non sono più la stessa, saprò di aver combattuto. E se non andrà a finire come immaginavo, andrà comunque tutto bene. Devo solo provarci". Poi, prima dell’imminente assalto all’obiettivo, una lettera dedicata alla figlia Camryn - nata dal matrimonio con Kenneth Ferguson, velocista e ostacolista americano - resa pubblica. "Cara Cami, eccomi qua per dimostrare che si sbagliavano. Quando sei nata dissero che non sarei tornata più in forma, non è stato così. Il mio più grande successo sei tu. Sono andata al Congresso, dove ho sostenuto le donne. Ho difeso ciò che è giusto, ho combattuto per renderlo un posto migliore per te. Ho vinto un sacco di titoli e ora voglio che tu mi veda in piedi su quel podio con l'oro al collo e sappia che la mamma ha lavorato duramente per questo".

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Le battaglie per le donne

Ideali, diritti. Perché Allyson Felix negli ultimi anni ha combattuto. Da attivista è stata sempre in prima linea a chiedere maggiori garanzie per le atlete incinte. Nel 2019 ha per esempio interrotto il suo legame con la Nike, dopo che il colosso dell’abbigliamento sportivo aveva inserito - nei contratti - delle riduzioni in caso di gravidanza. "A livello fisico le atlete possono tornare a gareggiare anche 10 mesi dopo un taglio cesareo, ma il problema è la grave mancanza di sostegno a livello di finanziamenti, servizi e strutture per la maternità. Non si tratta solo di talento, di grinta, di mettercela tutta", aveva detto a CNBC per spiegare il suo programma di aiuti per le mamme-atlete a Tokyo. "È davvero difficile bilanciare l’essere mamma e l’essere atleta professionista. Serve un certo supporto finanziario per poterlo fare".

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La lotta contro il doping

Allyson, atleta più vincente in assoluto ai mondiali (con 13 ori, 3 argenti e due bronzi), in passato era entrata anche a far parte del Project Believe, una campagna dell’Usada (l’agenzia antidoping americana) nata con l’obiettivo di tenere meglio sotto controllo gli atleti di punta e riportare - dopo vari casi di doping - credibilità nel mondo dello sprint a stelle e strisce. L’Usada aveva chiesto alla Felix e ad altri velocisti disponibilità a sottoporsi a ulteriori test rispetto a quelli previsti dalla Wada, l’Agenzia mondiale antidoping.

Allyson Felix e la preparazione per Tokyo

Icona sportiva gentile e discreta, negli ultimi tempi la campionessa aveva anche rivelato il grande lavoro fatto per metabolizzare la delusione del 2020, con il rinvio dei Giochi a causa della pandemia: "Doveva succedere, ho pensato a come avere la stessa energia per un intero anno. È stato davvero impegnativo, ma ho cercato di fare del mio meglio per sfruttare il tempo a mio vantaggio e diventare più forte". Le restrizioni imposte a Los Angeles l’avevano costretta a improvvisare - insieme all’allenatore Bobby Kersee - parte della preparazione: "È stata una sfida costante per tutto il tempo. Ci siamo allenati per strada e sulla spiaggia, siamo stati ovunque. L’esperienza più pazza è stata nel mio quartiere, non avevo mai corso per le strade". In quei momenti, tra vicoli familiari colorati dall’abitudine, Allyson aveva messo a fuoco ancor di più l’obiettivo. Un miracolo, per chiudere in maniera commovente una carriera eccezionale.

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